Foto rubate e caccia agli utenti di «Phica» e «Mia moglie»: il caso che scuote l'Italia

Il recente scandalo legato al portale «Phica.eu» ha acceso un acceso dibattito sulla violenza di genere e sul rispetto della privacy online. Gli amministratori del sito, dopo aver chiuso la piattaforma, si trovano ora a fronteggiare una serie di gravi accuse relative alla diffusione di immagini e commenti sessisti, che hanno coinvolto anche figure pubbliche, tra cui la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein.

La polizia postale è attualmente impegnata nella caccia a centinaia di utenti che, nel corso degli ultimi anni, hanno postato contenuti non solo offensivi, ma che potrebbero configurarsi come istigazione a reati, inclusa la violenza sessuale. Le dichiarazioni del ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella, che definisce queste pratiche una vera "barbarie del terzo millennio", sono indicative della gravità della situazione. La Roccella ha annunciato che verranno potenziate le iniziative per monitorare fenomeni di questo tipo e per collaborare con le forze dell’ordine.

Da mercoledì, in seguito alla pubblicazione di immagini compromettenti, i profili femminili del portale sono stati resi inaccessibili. Gli amministratori, nel tentativo di giustificare la loro gestione, hanno dichiarato che il sito era stato concepito per favorire interazioni positive, lamentando la difficoltà nel contenere comportamenti tossici che ne hanno compromesso l'immagine.

Le prime denunce nei confronti degli utenti del portale sono già state presentate in tutta Italia, e l'avvocato Annamaria Bernardini De Pace ha annunciato una class action. “Le donne del Pd”, aderendo all'appello, invitano a una denuncia collettiva aperta a tutti gli schieramenti, mentre anche rappresentanti della Lega, come Roberto Vannacci, hanno espresso la volontà di intraprendere azioni legali.

In parallelo, molti utenti sembrano cercare escamotage per evitare la identificazione e le conseguenti responsabilità legali, tentando di cancellarsi dal sito prima delle indagini. Tuttavia, la minaccia di richieste di denaro per la cancellazione, variabili tra 145 e 180 euro, solleva ulteriori interrogativi etici e legali, e potrebbe anch’essa essere oggetto di indagine.

L’intera vicenda evidenzia l’urgenza di affrontare i problemi connessi all’uso irresponsabile delle piattaforme online e alla necessità di regolamentazioni più severe. L'impegno delle autorità e delle associazioni civili sarà cruciale per contrastare questa forma di violenza virtuale e garantire che tali pratiche non abbiano spazio nel nostro contesto sociale.